Studi Cognitivi Firenze
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Disturbo del comp. alimentare e della nutrizione

I disturbi dell’alimentazione (DA) costituiscono una grave entità psicopatologica a causa delle difficoltà di trattamento: la persona infatti tende a negare il disagio e la ricerca di aiuto avviene in genere per la comparsa delle conseguenze somatiche e psicologiche di digiuni e comportamenti alimentari abnormi. La gravità è legata anche alla frequente tendenza alla cronicità e all’elevata mortalità, che si attesta intorno al 10-15% (per malnutrizione, squilibri elettrolitici e suicidio). I DA sono la terza malattia cronica più comune nell’adolescenza, dopo l’obesità e l’asma.

 

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali nell’ultima revisione (DSM-5; APA 2013) ha proposto una nuova classificazione modificando alcuni dei precedenti criteri diagnostici.

 

I principali fattori implicati nell’eziopatogenesi dei DA sono:

 

1) Fattori socio-culturali: nelle società industrializzate la magrezza è generalmente ipervalutata, e per contro l’obesità è oggetto di stigma. Magrezza risulta sinonimo di bellezza, competitività sociale ecc. Inoltre, la dieta è un fattore di rischio necessario ma non sufficiente per lo sviluppo di un DA secondo un meccanismo biologico (riduzione dell’apporto di triptofano, precursore della serotonina) e psicologico (l’eventuale fallimento del progetto dietetico può essere vissuto come un’incapacità a mantenere il controllo e quindi esser seguito dall’abbandono di ogni tentativo di regolare l’assunzione di cibo; mentre il successo come un rinforzo dei propositi di dimagrimento). Infine, durante la pubertà si verifica il cambiamento dell’immagine corporea: mentre nei ragazzi aumentano gli androgeni con accrescimento della massa magra, nelle ragazze avviene un aumento degli estrogeni che determina una conseguente crescita della massa grassa con comparsa di “rotondità” localizzate ai fianchi, alle cosce, all’addome;
2) Fattori familiari: è predisponente allo sviluppo dei DA la familiarità per disturbi dell’umore, per obesità ed abuso di aostanze. Risultano invece fattori precipitanti la perdita di un genitore, la fine di una relazione sentimentale e, in generale, gli abusi. L’iper-preoccupazione genitoriale, una volta che si è sviluppato il disturbo, svolge un ruolo precipitante.
3) Fattori individuali: sia personologici che biologici. I primi, quando il DA è l’AN, sono perfezionismo, inibizione emotiva, spirito agonistico, rigidità ed ossessività. I fattori personologici predisponenti invece per la bulimia nervosa sono la tendenza all’impulsività e i tratti narcisistici. I fattori biologici sono invece caratterizzati sia dalle alterazioni biochimiche che si riscontrano durante il corso della malattia (che tuttavia tendono ad essere secondarie allo stato di malnutrizione e tendono a normalizzarsi una volta raggiunta la guarigione clinica) che da alcuni fattori genetici (geni che codificano per la leptina, la ghrelina, il NPY) e dai principali sistemi neurotrasmettitoriali implicati nella genesi e nel mantenimento del disturbo (serotonina, noradrenalina).

Gli studi sul decorso dei DA hanno mostrato che i pazienti passano col tempo da una categoria diagnostica all’altra, facendo ipotizzare un nucleo psicopatologico comune a tutti i DA. Tra i fattori di mantenimento dei DA sono la preoccupazione per il peso/forma corporee/cibo, l’attenzione selettiva sui pensieri riguardanti il cibo con intensa rimuginatività, sentimenti di inadeguatezza/fallimento che determino comportamenti alimentari disfunzionali nel tentativo di attenuare lo stato di malessere.

 

La preoccupazione per il peso/forme corporee e il controllo dell’alimentazione è a sua volta mantenuta da alcuni bias cognitivi:

attenzione selettiva (particolare attenzione alle parole riguardanti cibo, alimentazione), predizioni negative su peso, forme e controllo dell’alimentazione (“se non raggiungo la magrezza non starò bene), pensieri critici ricorrenti sul peso e la forma del corpo (“il mio addome è grasso”), generalizzazione (“ho sgarrato, sono un fallimento costante”), standard doppio (“io mangio tanto tu mangi bene”), minimizzazione (“i miei amici dicono che sono bella ma non lo pensano”), pensiero “tutto o nulla” (“o seguo rigidamente la dieta di 800 calorie o se sgarro con un biscotto poi è meglio abbuffarsi”).

 

Ci sono alcuni fattori esterni alla psicopatologia nucleare dei DA che agiscono come fattore di mantenimento attraverso l’ostacolo che pongono al cambiamento: l’intolleranza alle emozioni (la persona non riesce a gestire stati emotivi negativi intensi come rabbia, ansia, senso di colpa), il perfezionismo clinico (la persona deve raggiungere risultati eccellenti in un ambito di vita per lei importante, altrimenti è incapace/inadeguata), la bassa autostima nucleare (visione negativa di sé che trova nel perfezionismo clinico un tentativo di compenso) e le difficoltà interpersonali.

 

 

BIBLIOGRFIA

 

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