Studi Cognitivi Firenze
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Disturbo del Comportamento Alimentare e della Nutrizione

Centro studi cognitivi Firenze

I Disturbi dell’Alimentazione (DA) costituiscono una grave entità psicopatologica a causa delle difficoltà di trattamento: la persona infatti tende a negare il disagio e la ricerca di aiuto avviene in genere per la comparsa delle conseguenze somatiche e psicologiche di digiuni e comportamenti alimentari abnormi. La gravità è legata anche alla frequente tendenza alla cronicità e all’elevata mortalità, che si attesta intorno al 10-15% (per malnutrizione, squilibri elettrolitici e suicidio). I DA sono la terza malattia cronica più comune nell’adolescenza, dopo l’obesità e l’asma.

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali nell’ultima revisione (DSM-5; APA 2013) ha proposto una nuova classificazione modificando alcuni dei precedenti criteri diagnostici.

I principali fattori implicati nell’eziopatogenesi  dei DA sono:

  • Fattori socio-culturali: nelle società industrializzate la magrezza è generalmente ipervalutata, e per contro l’obesità è oggetto di stigma. Magrezza risulta sinonimo di bellezza, competitività sociale ecc. Inoltre, la dieta è un fattore di rischio necessario ma non sufficiente per lo sviluppo di un DA secondo un meccanismo biologico (riduzione dell’apporto di triptofano, precursore della serotonina) e psicologico (l’eventuale fallimento del progetto dietetico può essere vissuto come un’incapacità a mantenere il controllo e quindi esser seguito dall’abbandono di ogni tentativo di regolare l’assunzione di cibo; mentre il successo come un rinforzo dei propositi di dimagrimento). Infine, durante la pubertà si verifica il cambiamento dell’immagine corporea: mentre nei ragazzi aumentano gli androgeni con accrescimento della massa magra, nelle ragazze avviene un aumento degli estrogeni che determina una conseguente crescita della massa grassa con comparsa di “rotondità” localizzate ai fianchi, alle cosce, all’addome;
  • Fattori familiari: è predisponente allo sviluppo dei DA la familiarità per disturbi dell’umore, per obesità ed abuso di aostanze. Risultano invece fattori precipitanti la perdita di un genitore, la fine di una relazione sentimentale e, in generale, gli abusi. L’iper-preoccupazione genitoriale, una volta che si è sviluppato il disturbo, svolge un ruolo precipitante.
  • Fattori individuali: sia personologici che biologici. I primi, quando il DA è l’AN, sono perfezionismo, inibizione emotiva, spirito agonistico, rigidità ed ossessività. I fattori personologici predisponenti invece per la bulimia nervosa sono la tendenza all’impulsività e i tratti narcisistici. I fattori biologici sono invece caratterizzati sia dalle alterazioni biochimiche che si riscontrano durante il corso della malattia (che tuttavia tendono ad essere secondarie allo stato di malnutrizione e tendono a normalizzarsi una volta raggiunta la guarigione clinica) che da alcuni fattori genetici (geni che codificano per la leptina, la ghrelina, il NPY) e dai principali sistemi neurotrasmettitoriali implicati nella genesi e nel mantenimento del disturbo (serotonina, noradrenalina).

Gli studi sul decorso dei DA hanno mostrato che i pazienti passano col tempo da una categoria diagnostica all’altra, facendo ipotizzare un nucleo psicopatologico comune a tutti i DA. Tra i fattori di mantenimento dei DA sono la preoccupazione per il peso/forma corporee/cibo, l’attenzione selettiva sui pensieri riguardanti il cibo con intensa rimuginatività, sentimenti di inadeguatezza/fallimento che determino comportamenti alimentari disfunzionali nel tentativo di attenuare lo stato di malessere. La preoccupazione per il peso/forme corporee e il controllo dell’alimentazione è a sua volta mantenuta da alcuni bias cognitivi: attenzione selettiva (particolare attenzione alle parole riguardanti cibo, alimentazione), predizioni negative su peso, forme e controllo dell’alimentazione (“se non raggiungo la magrezza non starò bene), pensieri critici ricorrenti sul peso e la forma del corpo (“il mio addome è grasso”), generalizzazione (“ho sgarrato, sono un fallimento costante”), standard doppio (“io mangio tanto tu mangi bene”), minimizzazione (“i miei amici dicono che sono bella ma non lo pensano”), pensiero “tutto o nulla” (“o seguo rigidamente la dieta di 800 calorie o se sgarro con un biscotto poi è meglio abbuffarsi”). Ci sono alcuni fattori esterni alla psicopatologia nucleare dei DA che agiscono come fattore di mantenimento attraverso l’ostacolo che pongono al cambiamento: l’intolleranza alle emozioni (la persona non riesce a gestire stati emotivi negativi intensi come rabbia, ansia, senso di colpa), il perfezionismo clinico (la persona deve raggiungere risultati eccellenti in un ambito di vita per lei importante, altrimenti è incapace/inadeguata), la bassa autostima nucleare (visione negativa di sé che trova nel perfezionismo clinico un tentativo di compenso) e le difficoltà interpersonali.

 

Anoressia Nervosa

L’età di esordio dell’Anoressia Nervosa (AN) si colloca intorno ai 15-19 anni. Il disturbo colpisce dieci volte di più le donne rispetto agli uomini; ha una prevalenza dello 0.2-0.6% ed una mortalità che si attesta intono al 6% (per complicanze mediche come infezioni e squilibri elettrolitici e più raramente, suicidio).

Questi sono i criteri del DSM-5 per l’AN:

  1. Restrizione nell’assunzione di calorie che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica ed è da considerarsi come un peso inferiore al minimo normale;
  2. Intensa paura di aumentare di peso e diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, seppure significativamente basso;
  3. Alterazione del modo in cui sono vissuti dall’individuo il peso e la forma del proprio corpo rispetto ai livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso;

Specificare se:

tipo con restrizioni: se negli ultimi 3 mesi la persona non presenta ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (ad esempio vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). In questo sottotipo la perdita di peso è ottenuta attraverso la dieta, il digiuno e/o l’attività fisica eccessiva;

tipo con abbuffate/condotte di eliminazione: durante gli ultimi 3 mesi la persona ha presentato ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).

Specificare se:

in remissione parziale: in seguito al precedente pieno soddisfacimento dei criteri per l’Anoressia Nervosa, il criterio A (basso peso corporeo) non è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo ma il sia criterio B sia il criterio C sono ancora soddisfatti;

in remissione completa: in seguito al precedente pieno soddisfacimento dei criteri per l’Anoressia Nervosa, non è stato soddisfatto nessuno dei criteri per un consistente periodo di tempo.

Viene inoltre specificata la gravità attuale del disturbo:

il livello minimo di gravità del disturbo si basa, per gli adulti, sull’attuale Indice di Massa Corporea (IMC o BMI in inglese, derivato dal rapporto tra il peso in Kg e il quadrato dell’altezza in metri) e per bambini e adolescenti, sul percentile dell’IMC.

-Lieve: IMC≥ 17 kg/m²

-Moderata: IMC 16-16,99 kg/m²

-Grave: IMC 15-15,99 kg/m²

-Estrema: IMC<15 kg/ m²

La modalità di esordio del disturbo è più frequentemente graduale ed insidiosa: un adolescente intraprende la decisione di perdere qualche chilogrammo a seguito magari di un’osservazione scherzosa relativa a qualche parte del corpo fatta da amici, altre volte l’insoddisfazione per il proprio aspetto fisico viene negata  e il paziente dice di voler imitare un’amica che fa la dieta; altre volte ancora vengono lamentate difficoltà digestive, mancanza di appetito, lamentele ipocondriache. Più raramente l’esordio è acuto in relazione ad eventi di perdita, separazione o insuccessi in ambito scolastico/affettivo oppure a seguito di un malessere generale (come una settimana di influenza che può determinare una lieve weight loss).

Nella fase di stato la persona opera una drastica riduzione dell’introito calorico adottando schemi dietetici rigidi, stereotipati e ripetitivi. La restrizione alimentare riguarda prevalentemente cibi ricchi in carboidrati e lipidi che vengono sostituiti da frutta, verdura e cibi “light”. Peso e cibo diventano idee prevalenti: i pazienti operano un’attenta supervisione della preparazione del cibo, collezionano ricette, mangiano con lentezza, tendendo a “sminuzzare”, si pesano più volte durante il giorno, misurano le circonferenze corporee con il metro (da questi due ultimi parametri dipende infatti il mantenimento della stima di sé). Alla restrizione alimentare si associa l’attività fisica di tipo aerobico che viene attuata compulsivamente e secondo un criterio di credito/ debito (attività fisica/concessione di cibo). Così anche le attività quotidiane diventano un mezzo per consumare e spesso viene attuata la modalità più dispendiosa dal punto di vista energetico per compierle.

All’inizio del dimagramento la paziente è euforica, estroversa, si sente socialmente accettata, disinvolta nei rapporti interpersonali. Col progredire della malattia si assiste al progressivo scadimento delle condizioni fisiche generali, alla flessione del tono dell’umore, ad un marcato isolamento.

Il decorso è variabile, generalmente irregolare, con remissioni e riesacerbazioni. La guarigione completa si può verificare in circa 1/3 dei casi, più frequentemente residuano la polarizzazione ideica sul peso/alimentazione e le irregolarità mestruali. Fino alla metà dei pazienti può presentare sintomi depressivi e tratti ossessivi una volta raggiunta la risoluzione della fenomenica alimentare. Fondamentale risulta essere la precoce presa in carico in quanto una lunga durata di malattia è un fattore prognostico negativo circa l’esito a lungo termine.

I disturbi alimentari sono le uniche patologie psichiatriche che possono avere gravi ripercussioni sulla funzionalità di organi e apparati tali da mettere a rischio la vita dei pazienti (in generale la morte sopravviene per gravi alterazioni della funzionalità cardiaca). Le complicazioni somatiche riguardano principalmente alterazioni nelle funzioni endocrine (ipoglicemia, ipotiroidismo, ipercortisolemia, ipogonadismo ipogonadotropo con amenorrea), cardiovascolari (ipotensione, bradicardia, riduzione della gittata cardiaca, aritmie per alterazioni elettrolitiche di sodio e potassio legate alle condotte di eliminazione fino alla morte improvvisa per arresto cardiaco), gastrointestinali (erosione dello smalto dentale, gengiviti, ipertrofia delle ghiandole salivari, ulcere della giunzione gastroesofagea, atrofia della muscolatura gastrica, compromissione della funzionalità epatica), ematologiche (ipolasia midollare con anemia e leucopenia), dermatologiche (distrofia cutanea, cute giallastra legata all’ipercarotonemia, alopecia, lanugo, callosità con iperpigmentazione dell’articolazione metacarpo-falangea “segno di Russell” secondaria allo sfregamento con il palato durante le condotte espulsive), osteo-muscolari (osteopenia, osteoporosi, fratture patologiche), renali (riduzione del filtrato, insufficienza renale). La maggior parte delle complicanze mediche, tuttavia, a eccezione della ridotta densità ossea, sono reversibili e scompaiono dopo il ripristino di una corretta alimentazione e del peso corporeo.

Le persone con AN sottotipo “abbuffate/condotte di eliminazione” presentano un elevato tasso di impulsività  e comorbidità per abuso di alcool e sostanze. Frequente, in questo sottotipo di pazienti, è l’utilizzo di farmaci in modo incongruo a scopo anoressizzante (diuretici, ormoni tiroidei, amfetamine).

 

Modello psicopatologico cognitivo della AN

All’esordio, quando la persona raggiunge la riduzione ponderale che si è prefissata le sensazioni di autoefficacia ed euforia sono intense e sono accompagnate da una accentuazione della sensazione di controllo, applicabile al quantitativo di cibo, ma anche al peso e alla forma corporea. Il desiderio di controllo sembra essere esteso a molteplici domini della vita, ma applicato con maggior propensione al peso (obiettivo misurabile e fonte per questo di maggiori sensazioni di autoefficacia). Al contrario, può capitare che alcuni check possano ingenerare emozioni spiacevoli e per questo siano strenuamente evitati (per esempio lo specchio, la bilancia).

Processo cognitivo centrale dell’AN è il perfezionismo (il perseguimento di obiettivi/standard elevati) accompagnato da un timore eccessivo dell’errore, cui si associa invariabilmente la necessità di stabilire regole sempre più rigide e vincolanti allo scopo di vivere in un illusorio senso di organizzazione/ordine.

Il controllo pertanto diventa un “piano regolatore” di una sofferenza profonda legata alla bassa autostima nucleare- associata sia all’intolleranza alle emozioni negative e alle difficoltà relazionali- che il paziente cerca di attenuare attraverso il perseguimento di obiettivi inflessibili.

La polarizzazione ideica su cibo/peso corporeo/forma fisica influenza il tono emotivo che viene spesso contraddistinto da emozioni come tristezza, sentimenti di colpa, frustrazione ed inadeguatezza, accentuate anche dalla riduzione drastica di peso. Si accompagna ad esse il ritiro sociale e l’iperdedizione a studio/lavoro/attività fisica.

 

Trattamento della AN

I fattori di mantenimento dell’AN sono la restrizione alimentare, la riduzione del peso corporeo, gli episodi di binge/purge, l’utilizzo improprio di farmaci. Questi fattori inoltre contribuiscono a sviluppare/aggravare i sintomi ossessivi e depressivi. Le tappe del trattamento dell’AN sono le seguenti:

-diagnosticare e trattare le complicanze mediche;

-stimolare la motivazione del paziente (l’autostima dipende dal peso corporeo e dall’aspetto fisico, i sintomi sono egosintonici, i pazienti affrontano con difficoltà il cambiamento;

-ottenere il ripristino di un normale peso corporeo (che si associa al ripristino dell’ovulazione e del ciclo mestruale);

-ripristinare un’alimentazione adeguata per qualità e quantità;

-correggere gli atteggiamenti patologici riguardo al cibo/peso (body e food-checking, check ripetuti del peso corporeo, o al contrario, evitamento dello specchio);

-curare i sintomi psichiatrici associati;

-informazione e sostegno dei familiari;

-prevenzione delle ricadute.

 

Le linee guida NICE suggeriscono la necessità di un approccio multidisciplinare all’AN che comprenda un percorso psicoterapeutico individuale, colloqui supportivi familiari, l’impiego della terapia psicofarmacologica e il coinvolgimento di nutrizionisti esperti.

E’ necessario intervenire con l’ospedalizzazione nei casi in cui il paziente versi in un grave stato di denutrizione, ci siano gravi complicanze mediche, frequenti episodi di binge/purge e infine, ci sia un alto rischio suicidario. La psicoterapia cognitivo comportamentale (Cognitive Behavioral Therapy, CBT) affronta la tendenza al controllo alimentare e l’ossessione di ingrassare, la bassa autostima nucleare, il perfezionismo clinico, la difficoltà nel tollerare le emozioni negative e le difficoltà interpersonali. Gli step della CBT sono: la condivisone del funzionamento del disturbo e dei fattori di mantenimento (gli obiettivi sono fin da subito la normalizzazione del peso e la riduzione dei check continui), l’analisi delle credenze centrali e la strutturazione di strategie tese ad affrontare eventuali ricadute.

L’obbiettivo del percorso di CBT è l’acquisizione da parte dei pazienti che ipercontrollo, perfezionismo patologico e in genere il DA rappresentano una modalità disfunzionle per fronteggiare la sofferenza emotiva.

 

 Bulimia Nervosa

L’età di esordio della Bulimia Nervosa (BN) si colloca intorno ai 12-35 anni (picco tra 20 e 24 anni). La prevalenza è dello 0-5-1.8% e la mortalità dello 0.4%.

Mentre nell’adolescenza prevalgono abbuffate e vomito, se l’esordio avviene intorno ai 35 anni predomina l’abuso di amfetamine, cocaina e alcol. Le donne vengono colpite trenta volte di più degli uomini. Le persone che soffrono di BN tipicamente rientrano nei limiti di peso normale o presentano sovrappeso (BMI>18.5 e <30).

I criteri del DSM-5 per la BN sono:

  1. Ricorrenti episodi di abbuffata. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi i seguenti aspetti:
  1. mangiare in un determinato periodo di tempo (ad esempio un periodo di due ore) una quantità di cibo significativamente superiore a quello che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo in circostanze simili;
  2. sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad esempio, sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o controllare cosa e quanto si sta mangiando).
  1. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, o altri farmaci, digiuno o eccessiva attività fisica
  2. Le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta alla settimana per tre mesi.
  3. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporeo.
  4. L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa.

Specificare se:

in remissione parziale: in seguito al precedente pieno soddisfacimento dei criteri per la Bulimia Nervosa, alcuni, ma non tutti, i criteri sono soddisfatti per un consistente periodo di tempo;

in remissione completa: in seguito al precedente pieno soddisfacimento dei criteri per la Bulimia Nervosa, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo.

Specificare la gravità attuale:

-Lieve: 1-3 episodi di condotte compensatorie inappropriate a settimana.

-Moderata: 4-7 episodi di condotte compensatorie inappropriate a settimana.

-Grave: 8-13 episodi di condotte compensatorie inappropriate a settimana.

-Estrema: 14 o più episodi di condotte compensatorie inappropriate a settimana.

 

L’esordio della malattia è solitamente ascrivibile ad una dieta dimagrante attuata per rimediare ad un modesto sovrappeso. Nella maggior parte dei casi l’esordio è preceduto da una fase di AN che dura da poche settimane a molti mesi. Negli altri casi alla dieta fa seguito quasi immediatamente la comparsa di abbuffate che nelle fasi iniziali sono compensate solo da restrizioni alimentari ed aumento dell’esercizio fisico. Ogni variazione di peso, percepita anche sotto forma di maggiore/minore aderenza degli indumenti, è fonte di preoccupazione ed induce le pazienti a modificare ulteriormente il comportamento alimentare.

Le abbuffate, che fanno seguito alla rigida restrizione alimentare, avvengono in gran segreto ed in solitudine (talora possono trascorrere anni prima che i familiari se ne rendano conto. Sono in genere precipitate da stati emotivi spiacevoli, come sentimenti di solitudine, noia, tristezza, ansietà. Seguono l’abbuffata sentimenti di colpa, autodisprezzo, autosvalutazione e vergogna che possono culminare in atti di self-injuring (come tagliarsi, graffiarsi, spegnersi addosso le sigarette).

L’alimento scelto per iniziare l’abbuffata è di solito un “cibo proibito”: vengono scelti cibi che non richiedono particolare preparazione e ad alto contenuto calorico (cibi preconfezionati, patatine, biscotti, gelato, caramelle, cioccolata), vengono bevute bevande gassate allo scopo di facilitare l’emesi e si perde il gusto del cibo (la scelta dell’alimento è indifferente); l’abbuffata si arresta quando il paziente si sente sgradevolmente pieno. L’ingestione è generalmente vorace, caotica e si accompagna ad una sensazione di perdita di controllo. La conclusione dell’abbuffata è in genere il vomito autoindotto che avviene per stimolazione del riflesso faringeo (con le dita o altri strumenti). Gli effetti più immediati del vomito comprendono la riduzione della sensazione di malessere fisico e la paura di aumentare di peso. In alcuni casi il vomito può seguire anche l’ingestione di modeste quantità di cibo.

Possono tuttavia esserci altre condotte di eliminazione come l’abuso di lassativi, diuretici e l’iperesercizio fisico (che viene praticato con modalità compulsiva anche nonostante sussistano precarie condizioni di salute generale). Rapidamente lo schema alimentare si contraddistingue per una alternanza di semidigiuni/digiuni completi ed episodi di abbuffata. Il digiuno, responsabile peraltro delle crisi bulimiche, non fa dimagrire in quanto il metabolismo si adegua alle condizioni di ridotto introito.

La vita della persona viene pianificata in base agli episodi di abbuffata e ciò compromette seriamente l’attività lavorativa/scolastica ed i rapporti interpersonali.

Per ciò che riguarda il decorso/gli esiti, persone affette da BN con frequenti condotte di eliminazione hanno una prognosi più sfavorevole e presentano un’elevata incidenza disturbi in comorbidità come disturbi dell’umore (depressivi e bipolari), d’ansia (Ansia Sociale, Disturbo Ossessivo-Compulsivo), Abuso di sostanze (alcol, cocaina, amfetamine), tratti d’impulsività, disturbi di personalità (borderline).

Nel 30% dei casi, dopo la scomparsa delle crisi bulimiche, permangono la polarizzazione ideativa sul cibo, sul peso, sulla forma corporea ed un maggior rischio di patologia psichiatrica. La cronicizzazione ha luogo nel 20% dei casi. Fino al 75% delle persone affette da BN possono sperimentare una completa remissione del DA ad un anno dall’inizio del trattamento.

Le complicanze mediche della BN più frequenti sono l’uso improprio di lassativi, diuretici, farmaci anoressizzanti; più raramente si riscontrano lacerazioni esofagee, rottura gastrica, sintomi gastrointestinali (tra cui tumefazione delle ghiandole parotidi legata alle condotte di binge/purge che conferisce ai pazienti il tipico “aspetto a gatto”, nonché in casi gravi il prolasso rettale). Le donne affette da BN mostrano spesso irregolarità nel ciclo mestruale o talvolta amenorrea.

 

Modello psicopatologico cognitivo della BN

La persona affetta da BN ha un’eccessiva preoccupazione per il peso, le forme corporee e per il loro controllo e valuta il proprio valore globale attraverso questo unico dominio della vita. Concomita una significativa tendenza alla rimuginatività sull’essere grassa/sulla riuscita del proprio controllo/sul senso di inadeguatezza. La persona adotta regimi dietetici ferrei (su quando/cosa/quanto mangiare) e se questi non vengono rispettati si crea un forte senso di fallimento; l’esasperata attenzione alla dieta inoltre determina lo sviluppo di pensieri su peso/alimentazione e forme corporee che a loro volta mantengono attivo lo schema di valutazione negativo. La rigida dieta può essere intervallata da “sgarri” che vengono interpretati come una grave mancanza di controllo che può autorizzare un totale discontrollo e condurre all’abbuffata secondo una modalità di pensiero del “tutto o nulla”. All’abbuffata seguono sentimenti di colpa ed inadeguatezza ed un’intensa paura di ingrassare che possono essere attenuati solo attraverso comportamenti di compenso, che a loro volta, costituiscono un fattore di mantenimento in quanto determinano una riduzione del controllo dell’alimentazione. La BN produce sentimenti di tristezza, colpa e flessione del tono dell’umore. Le persone affette da BN tendono ad evitare le situazioni sociali, soprattutto quando comportano lo stare a tavola con altre persone. Tendono a manifestarsi, nel corso del disturbo, difficoltà di concentrazione in ambito lavorativo e scolastico, attriti in famiglia e problematiche coniugali, con significative ripercussioni sulla propria immagine ed autostima. Ci sono alcune caratteristiche personologiche specifiche che vengono ritenute fattori di rischio per la BN: bassa autostima, scarsa consapevolezza emotiva, perfezionismo, impulsività e al contempo ossessività, polarizzazione su peso e forma corporei.

 

Terapia della BN

Nella maggior parte dei casi il trattamento della BN è ambulatoriale; se invece coesistono significativa comorbidità, assidue condotte di binge/purge, comportamenti autolesivi, si deve pensare all’ospedalizzazione. Nonostante il trattamento psicoterapeutico a orientamento sistemico-relazionale si affianchi spesso alla CBT al fine di migliorare le dinamiche familiari, il trattamento di elezione della BN è rappresentato dalla terapia cognitivo-comportamentale (CBT) (NICE).

La CBT si pone l’obiettivo di identificare/modificare alcune modalità di pensiero disfunzionali che favoriscono la comparsa e il mantenimento del DA, imparando a conoscere le emozioni negative, a gestire i sintomi, sostituendoli con pensieri/comportamenti più funzionali (ristrutturazione cognitiva).

Il trattamento per la BN prevede colloqui di valutazione diagnostica individuali o di gruppo, colloqui supportivi familiari; spesso si affianca alla terapia psicofarmacologica per il controllo delle abbuffate e della sintomatologia in comorbidità (stabilizzazione del tono dell’umore, riduzione dell’impulsività, dei sintomi depressivi e di ansia) e si avvale della collaborazione di nutrizionisti esperti allo scopo di modificare le abitudini nutrizionali attraverso l’automonitoraggio dell’alimentazione (diario alimentare), la regolarizzazione/pianificazione dei pasti e la reintroduzione graduale dei cibi evitati.

Nelle fasi iniziali il trattamento si focalizza sulla normalizzazione del peso e sull’abbandono dei comportamenti di controllo dello stesso; successivamente tende ad aiutare la persona a migliorare la percezione  dell’immagine corporea, la valutazione di sé e i rapporti interpersonali, modificando l’idea che il peso e le forme corporee costituiscano il principale fattore in base al quale stimare il proprio valore personale. L’ultima fase del lavoro terapeutico integrato si basa sulla prevenzione delle ricadute e sul mantenimento dei risultati raggiunti durante il trattamento. La frequente associazione con il Disturbo Borderline di Personalità, la tendenza all’impulsività/discontrollo hanno supportato l’ipotesi che la Terapia Dialettico-Comportamentale (DBT) ideata da Marsha Linehan possa essere adattata con successo nella cura della BN.

 

 Disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating Disorder, BED)

L’età della diagnosi del BED si attesta intorno ai 30-40 anni mentre l’inizio dei disordini alimentari inizia verso i 20 anni. I criteri del DSM-5 sono:

  1. Ricorrenti episodi di abbuffata:
  1. mangiare, in un determinato periodo di tempo (ad esampio, un periodo di circa due ore), una quantità di cibo significativamente superiore a quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso lasso di tempo e circostanze simili;
  2. sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad esempio, sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o controllare cosa e quanto si sta mangiando).
  1. Gli episodi di abbuffata sono associati a 3 o più dei seguenti aspetti:
  1. mangiare molto più rapidamente del normale;
  2. mangiare fino a sentirsi sgradevolmente pieni;
  3. mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente affamati;
  4. mangiare da soli, a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando;
  5. sentirsi disgustati verso se stessi, depressi o molto in colpa dopo l’episodio.
  1. E’ presente un marcato disagio durante le abbuffate.
  2. L’abbuffata si verifica, in media, almeno una volta alla settimana, per tre mesi.
  3. L’abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella Bulimia Nervosa e non si verifica esclusivamente in corso di Bulimia Nervosa o Anoressia Nervosa.

Specificare se:

in remissione parziale: in seguito al precedente pieno soddisfacimento dei criteri per il Disturbo da Binge Eating, gli episodi di abbuffata si verificano con una frequenza media di meno di un episodio a settimana, per un consistente periodo di tempo;

in remissione completa: in seguito al precedente pieno soddisfacimento dei criteri per il Disturbo da Binge Eating, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo.

Specificare la gravità attuale:

-lieve:1-3 episodi di abbuffata a settimana.

-moderata: da 4 a 7 episodi di abbuffata a settimana.

-grave: da 8 a 13 episodi di abbuffata a settimana.

-estrema:14 o più episodi di abbuffata a settimana.

 

Nel BED gli eccessi alimentari  non vengono seguiti da pratiche espulsive o compensatorie, ci possono essere saltuari comportamenti di eliminazione come l’uso di lassativi, ma il comportamento è frequentemente sedentario. Concomita tendenza all’aumento ponderale e weight cycling (oscillazioni del peso) anche di 10 kg. In base al grado di attività fisica, all’entità/frequenza delle abbuffate, alle condotte di eliminazione, alle caratteristiche genetiche e allo stato metabolico si possono avere condizioni di normopeso, lieve sovrappeso, obesità. Se esiste aumento ponderale esso tende ad essere progressivo in quanto l’atteggiamento compulsivo ha una relazione lineare con l’adiposità. Si associano al BED disturbi cardiologici, respiratori, metabolici tipici dell’obesità. Il primo consulto specialistico, che è spesso quello nutrizionale- dopo l’esito fallimentare di molte “diete fai da te”-, avviene tardivamente rispetto all’esordio del disturbo in quanto soventemente alle abbuffate non si associa un disagio emotivo. Sembrano essere fattori di rischio per il BED: la familiarità per il disturbo, la presenza di depressione nei genitori, le difficoltà esperenziali infantili, la ripetuta esposizione a critiche riguardanti il peso/la forma fisica.

 

Costrutti psicopatologici del BED

Gli individui affetti da BED si alimentano in modo diverso rispetto a pazienti obesi e/o bulimici: il cibo ha difatti un ruolo consolatorio/gratificante, che non porta con sé il senso di colpa dell’abbuffata.

Caratteristica peculiare del BED è l’atteggiamento dopo l’episodio di binge che si differenzia dai soggetti con BN: il soggetto non assume un atteggiamento attivo (per cercare di ripristinare lo stato antecedente), ma prevalgono la passività, lo sconforto e il senso d’ineluttabilità e sfumati “buoni propositi” dietetici che vengono spesso poi disattesi. Infatti, se intraprende una dieta, l’obeso binge è spesso coinvolto in abbandoni prematuri del regime calorico, perde poco peso ed è predisposto a recuperarlo.

I soggetti affetti da BED hanno un’elevata comorbidità (minore dei soggetti con BN ma maggiore rispetto ai soggetti obesi non-binge) per distimia, disturbo bipolare, depressione maggiore, disturbo di panico (comorbidità che risulta essere proporzionale al grado di severità del BED ma non a quello dell’obesità). Nei pazienti con BED l’adozione di regimi dietetici incongrui così come stati emotivi spiacevoli/piacevoli possono scatenare gli episodi di binge. L’incapacità di riconoscere/gestire gli stati emotivi interni e differenziare le sensazioni fisiche dalle emozioni sfocia nelle abbuffate.

 

La terapia per il BED

Costrutto psicopatologico centrale nel BED è l’intolleranza alle emozioni negative. Come suggerito dalle principali linee guida (NICE e APA), per il BED è necessario un approccio multidisciplinare che coinvolga non solo il terapeuta individuale, ma anche una terapia di gruppo, lo psichiatra, nutrizionisti esperti. Come per gli altri DA, il coinvolgimento dei familiari può essere di grande supporto.

La terapia è contraddistinta da: piani di educazione alimentare, impostazione di un regime dietetico non troppo rigido, attività fisica, impostazione di una terapia psicofarmacologica in caso di significativa tendenza al discontrollo, disturbi depressivi e di ansia, gruppi di skill training e gruppi di terapia dialettico comportamentale (DBT), terapia individuale CBT.

Quest’ultima, dopo un assessment iniziale, non solo volto a raccogliere le informazioni di vita e gli aspetti sintomatologici attuali ma anche i tratti personologici salienti, ha l’obiettivo di condividere con il paziente il funzionamento del disturbo/i fattori di mantenimento, di riconoscere i vissuti emotivi spiacevoli alla base dei comportamenti disfunzionali e di affrontare i costrutti psicopatologici relativi alla percezione della propria immagine corporea per apprendere uno stile di vita in cui il cibo non rappresenti più l’unica fonte di gratificazione. Nella fase finale vengono individuate le strategie per affrontare eventuali ricadute.

 

 Bibliografia

American Psychiatric Association (2014). DSM-5 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Raffaello Cortina Editore

Cassano G.B., Tundo A. (2006), Psicopatologia e Clinica Psichiatrica, Utet (pp. 499-529)

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