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I disturbi dell’alimentazione (DA) costituiscono una grave entità psicopatologica a causa delle difficoltà di trattamento: la persona infatti tende a negare il disagio e la ricerca di aiuto avviene in genere per la comparsa delle conseguenze somatiche e psicologiche di digiuni e comportamenti alimentari abnormi. La gravità è legata anche alla frequente tendenza alla cronicità e all’elevata mortalità, che si attesta intorno al 10-15% (per malnutrizione, squilibri elettrolitici e suicidio). I DA sono la terza malattia cronica più comune nell’adolescenza, dopo l’obesità e l’asma.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali nell’ultima revisione (DSM-5; APA 2013) ha proposto una nuova classificazione modificando alcuni dei precedenti criteri diagnostici.
I principali fattori implicati nell’eziopatogenesi dei DA sono:
Gli studi sul decorso dei DA hanno mostrato che i pazienti passano col tempo da una categoria diagnostica all’altra, facendo ipotizzare un nucleo psicopatologico comune a tutti i DA. Tra i fattori di mantenimento dei DA sono la preoccupazione per il peso/forma corporee/cibo, l’attenzione selettiva sui pensieri riguardanti il cibo con intensa rimuginatività, sentimenti di inadeguatezza/fallimento che determino comportamenti alimentari disfunzionali nel tentativo di attenuare lo stato di malessere.
La preoccupazione per il peso/forme corporee e il controllo dell’alimentazione è a sua volta mantenuta da alcuni bias cognitivi:
attenzione selettiva (particolare attenzione alle parole riguardanti cibo, alimentazione), predizioni negative su peso, forme e controllo dell’alimentazione (“se non raggiungo la magrezza non starò bene), pensieri critici ricorrenti sul peso e la forma del corpo (“il mio addome è grasso”), generalizzazione (“ho sgarrato, sono un fallimento costante”), standard doppio (“io mangio tanto tu mangi bene”), minimizzazione (“i miei amici dicono che sono bella ma non lo pensano”), pensiero “tutto o nulla” (“o seguo rigidamente la dieta di 800 calorie o se sgarro con un biscotto poi è meglio abbuffarsi”).
Ci sono alcuni fattori esterni alla psicopatologia nucleare dei DA che agiscono come fattore di mantenimento attraverso l’ostacolo che pongono al cambiamento: l’intolleranza alle emozioni (la persona non riesce a gestire stati emotivi negativi intensi come rabbia, ansia, senso di colpa), il perfezionismo clinico (la persona deve raggiungere risultati eccellenti in un ambito di vita per lei importante, altrimenti è incapace/inadeguata), la bassa autostima nucleare (visione negativa di sé che trova nel perfezionismo clinico un tentativo di compenso) e le difficoltà interpersonali.
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Professionisti dello studio che si occupano di questo disturbo
Studio di Psichiatria e Psicoterapia Firenze